foto liberatamente tratta da Internet
Si chiama Ken Mink ed è l’altra faccia dell’America. Oggi che il mondo celebra la vittoria storica di Barack Obama, primo presidente afrocamericano alla White House, io vedo in questo 73 a stelle strisce l’icona di questo nuovo e pazzo mondo statunitense.
C’è chi adita al partito repubblicano la colpa di non aver osato e di essersi affidato ad un vecio della politica, quel John Sidney McCain che proprio in nottata si è addossato la colpa di questo clamoroso tonfo degli elefanti. 72 anni e tante battaglie alla spalle non gli sono bastati per sconfiggere le 46 primavere del candidato democratico.
Osteggiato da intellettuali e vip, l’ex marines ha perso, nonostante l’azzardata scelta di Sarah Palin. Lei che oggi pare essere, dalla base del partito (invisa dai piani alti, però), la candidata ad essere la nuova guida del Partito Repubblicano, che dopo 8 anni di amministrazione Bush perde potere e credibilità.
Ma cosa centra Ken Mink con le presidenziali più chiacchierate della storia? L’arzillo 73enne è un recordman. Sì. È il cestita più anziano della storia, perdipiù è il baskettaro che ha iscritto il suo nome al tabellino di un match NCAA (il torneo universitario degli states) con l’anagrafe più alta.
Curiosità. Barack Obama ha passato le ultime ore della sua vita da senatore dell’Illinois giocando proprio a basket, a Chicago. Nella patria di Michael Jordan, Dennis Rodmann e Scottie Pippen. Dei Bulls, lui ha scaricato l’adrenalina pre – delirio in un campo con tanto di canestro.
Contemporaneamente, Mink segnava due tiri liberi che lo consegnavano alla storia, lui coetaneo dello sconfitto John McCain, che poche ore dopo depone le armi e da merito e lustro all’avversario di questi due anni, da “el negro ” come pare abbia il sig. Fidel Castro apostrofato Obama.
Il mondo ha un nuovo simbolo che parla di speranza, di cambiamento. Chissà se il buon vecchio John, indossato pantoloncini e canotta lo avesse sfidato con una palla – a – spicchi …
Allusioni futili e infondate, le mie. Sarà l’amore per gli States, per quel Nba mito inarrivabile, per la Coca Cola e i blue jeans, Hollywood e le impronte.
Ridacci quell’America, per favore, mr. Obama.
FedMin